Consiglio di stato, sentenza 4 maggio 2022: l’affermazione del diritto privato per le selezioni del personale nelle fondazioni

Mercoledì 04 Maggio 2022 12:50

Consiglio di stato

ABSTRACT: Le selezioni del personale si configurano come il risultato raggiunto a valle di un’attività iure privatorum della fondazione, che nulla ha a che fare con l’evidenza pubblica propriamente detta.

Tale inequivoca collocazione dimostra che non si tratta di un soggetto pubblico e che pertanto deve ritenersi che, almeno di norma, agisca seguendo le regole del diritto civile.

La qualificazione conferma altresì che le sue iniziative, anche allorquando si tratti, come nel caso di specie, di attività di selezione del personale sono prive dell’autoritatività che caratterizza la diversa materia dei concorsi per pubblici impieghi.

Si consideri che le oscillazioni giurisprudenziali in ordine alla natura giuridica delle Fondazioni – se considerarle o no pubbliche – si sono sempre avute con riferimento alle attività istituzionali di queste ultime, cioè quelle poste in essere nel perseguimento delle finalità indicate nell’atto costitutivo, attività nelle quali certamente non rientra quella con la quale l’ente ricerca personale direttivo che è evidentemente solo strumentale alle prime.

Né vale a costituire un indice di potere pubblicistico la pubblicità che l’ente voluto dare alla selezione in forma di avviso pubblicato nelle forme di un verso e proprio bando di concorso.

Al dato della pubblicità, infatti, non può riconoscersi significatività nel senso preteso. Quella scelta, di per sé sola, non può conferire ex post autoritatività ad una procedura che in origine ne era priva; d’altro canto, quella opzione è stata adottata all’esclusivo fine di rendere conoscibile la selezione ad un maggior numero di interessati e così ampliare la platea degli aspiranti e, con essa, rendere più proficua la ricerca di professionalità disponibili in quel momento sul mercato.

Neppure l’accenno al principio di trasparenza contenuto nell’Avviso – e lo stesso dicasi per i richiami ai principi pubblicistici contenuti nel regolamento – può/possono ritenersi fondativo/i della natura pubblicistica dell’iniziativa controversa.

L’avere il Bando richiamato la trasparenza significa solo che la Fondazione si è impegnata a rispettare gli obblighi civilistici di buona fede e correttezza, connessi al contatto sociale qualificato prodottosi con gli aspiranti una volta avviata la selezione, così come l’avere il Regolamento richiamato alcuni principi significa solo che nella conduzione delle sue attività istituzionali, e limitatamente a queste ultime, è ad essi che la Fondazione intende ispirarsi, impregiudicata la sua natura privata.

D’altronde lo stesso art.19 comma 2 del d.lgs. 175 del 2016 in materia di società miste, citato dall’appellante, ed applicabile per analogia alle Fondazioni, seguendo la giurisprudenza amministrativa prevalente, non a caso prevede che: “Le società a controllo pubblico stabiliscono, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale nel rispetto dei principi, anche di derivazione europea, di trasparenza, pubblicità e imparzialità e dei principi di cui all’articolo 35, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165″. E che solo “In caso di mancata adozione dei suddetti provvedimenti, trova diretta applicazione il suddetto articolo 35, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001”, con il che si conferma, pare si possa ancora una volta ribadire, che eventuali richiami nel Regolamento della Fondazione a principi europei in materia di evidenza pubblica non implicano le conseguenze, in termini di natura giuridica.

La presa d’atto che, al caso di specie non sia applicabile la normativa in materia di evidenza pubblica esclude altresì che possa rilevare l’eventuale natura di organismo di diritto pubblico della Fondazione. Non trattandosi di procedura suscettibile di rientrare fra quelle finalizzate all’acquisizione di beni e servizi di cui al d. lgs. N. 50 del 2016, né di attività istituzionale dell’ente, anche a volerla ritenere, la suindicata natura resterebbe del tutto ininfluente sul riparto di giurisdizione.

E difatti, come ribadito dalla stessa sentenza di questo Consiglio di Stato n.3043 del 2016 citata in appello “la sottoposizione dell’organismo di diritto pubblico alla disciplina dell’ente pubblico non vale sempre e comunque, per qualsiasi attività esso svolta. Si tratta al contrario, di una equiparazione settoriale, funzionale e dinamica, perché strettamente legata all’affidamento dei contratti.” Dunque, “quando svolge altre attività, l’organismo di diritto pubblico dismette la sua veste pubblicistica e soggiace di regola al diritto privato.”