Whistleblowing: approvata la direttiva europea

Martedì 28 Marzo 2023 16:09

whistleblowing

Il 30 marzo 2023 entrerà in vigore il Decreto-legge 24/2023, con il quale si mette in atto la direttiva UE 2019/1937, conosciuta anche come Direttiva Whistleblowing. Al suo interno sono presenti una serie di novità per ciò che riguarda questa disciplina di compliance aziendale. Aumenta il comparto delle aziende che dovranno adottare un sistema di segnalazione interna e vengono introdotte nuove modalità per la protezione dei whistleblowers, ovvero di coloro che denunciano un illecito aziendale. In questa guida sono presenti tutte le informazioni necessarie per comprendere qual è la situazione in Italia: le novità della direttiva europea e le sanzioni previste.

 

Cos’è il whistleblowing?

 

Il significato della parola whistleblowing, in italiano, è quello di soffiatore di fischietto, una metafora utilizzata per definire un istituto considerato fondamentale in ambito aziendale. Infatti, il whistleblowing indica la segnalazione alle autorità da parte di un soggetto interno o esterno all’azienda di un comportamento illecito. Esempi sono la violazione di una legge, un regolamento o atti che possono ledere la salute pubblica e ambientale.

Chi denuncia l’evento prende il nome di whistleblower, ovvero colui che fischia. Come un arbitro o un vigile, infatti, la sua azione sarà finalizzata a segnalare un evento in modo immediato e tempestivo. Difficilmente tale illecito potrebbe essere rilevato dalle autorità, se non attraverso una denuncia da parte di un informatore. La procedura di whistleblowing può essere di tre tipologie:

  • interna;
  • esterna;
  • pubblica.

Nel primo caso si verifica attraverso specifici canali interni aziendali predisposti obbligatoriamente dall’azienda e a cui hanno accesso i lavoratori. Invece, nel whistleblowing esterno si prevede la denuncia direttamente alle autorità competenti. Infine, la norma ha aggiunto una terza opzione attraverso un’azione di pubblico dominio.

 

Cosa prevede la direttiva Whistleblowing in Italia?

 

In Italia il sistema del whistleblowing, o segnalazione di un presunto illecito, è stato introdotto con la Legge 190/2012, con il fine di rafforzare la trasparenza aziendale da parte delle società pubbliche e private in Europa. Infatti, attraverso questo istituto si vuole prevenire la commissione di illeciti e semplificare l’individuazione dei responsabili.

In particolare, in questi 10 anni, la normativa ha avuto effetti positivi in ambito pubblico, con un adeguamento al livello degli altri Stati Membri, ma con limitati riscontri in quello privato. Il Decreto-Legge 24/2023 ha integrato una serie di aspetti al fine di rendere gli effetti del whistleblowing nel privato allo stesso livello della situazione europea.

Inoltre, vi sono novità per ciò che concerne le aziende che possono essere soggette all’attività di whistleblowing e chi può acquisire il ruolo di whistleblower. Infine, sono state introdotte nuove norme per ciò che riguarda la divulgazione pubblica delle informazioni e le misure di protezione di chi effettua la denuncia. Vediamo nello specifico quali sono gli aspetti normativi previsti.

 

A chi si applica la segnalazione di comportamenti scorretti?

 

La normativa iniziale stabiliva l’obbligo da parte delle aziende che avevano più di 250 dipendenti di dotarsi di un sistema di segnalazione interno in caso di illeciti entro il 2019. Oggi la nuova direttiva prevede l’allargamento dei principi del whistleblowing anche alle società che impiegano di media un numero pari o superiore a 50 lavoratori, oltre a tutte le istituzioni in ambito pubblico e i Comuni con più di 10.000 abitanti.

Questi soggetti dovranno dotarsi di un sistema attraverso cui sia possibile effettuare in modo anonimo una segnalazione per iscritto, ad esempio, attraverso un indirizzo e-mail, oppure con una linea diretta telefonica. Le attività che sono sottoposte alla denuncia del whistleblower sono tutte quelle che prevedono una violazione di un regolamento europeo o di una normativa italiana in ambito di:

  • riciclaggio di denaro;
  • frode fiscale;
  • sicurezza dei prodotti;
  • rispetto delle normative riguardanti l’assegnazione di appalti pubblici;
  • tutela e protezione dell’ambiente;
  • salvaguardia della tutela pubblica;
  • protezione dei consumatori;
  • tutela dei dati in base al regolamento GDPR.

 

Chi può effettuare le segnalazioni anonime?

 

Altro aspetto da evidenziare è l’identificazione di chi può avere la funzione di whistleblower, ovvero chi può eseguire la denuncia di un illecito attraverso le diverse procedure. Possono avere questo ruolo i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, oltre a quelli appartenenti alle autorità amministrative di regolazione, vigilanza e garanzia.

Inoltre, anche i lavoratori subornati di attività private che svolgono dei lavori nel settore pubblico, oltre ai liberi professionisti e a consulenti che vengono incaricati dalla Pubblica Amministrazione per precisi compiti possono assolvere questo compito. Possono svolgere il ruolo di informatori anche i volontari e chi è in possesso di un contratto di tirocinio, con retribuzione o senza. Infine, possono essere dei whistleblower anche gli azionisti, le persone che hanno un ruolo di amministrazione o qualunque forma di vigilanza all’interno di un’attività pubblica o di un’azienda privata.

 

Whistleblowing in Italia: la novità della segnalazione pubblica

 

Una delle novità previste dal decreto su Whistleblowing è quella di aver inserito una terza modalità di segnalazione: la segnalazione pubblica. Con questo termine si identifica la possibilità da parte del whistleblower di segnalare l’eventuale illecito rendendolo direttamente di pubblico dominio. Ad esempio, attraverso canali di informazione sul web o altri sistemi capaci di raggiungere un numero di persone più ampio; vedi il caso di testate giornalistiche, blog o programmi televisivi. Tuttavia, onde evitare diffamazioni e danni di immagine alle aziende, la persona che svolge la funzione del whistleblower dovrà effettuare la denuncia dell’illecito in modo pubblico solo in presenza di specifiche condizioni:

  • è necessario aver prima agito attraverso i canali interni o esterni senza ricevere riscontro entro i termini previsti (art. 5 e 8)
  • l’illecito deve rappresentare un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse;
  • ci siano ragioni per ritenere la denuncia esterna inefficace o soggetta al rischio di ritorsioni, data la tipologia di illecito.

 

Quali sono le nuove misure di protezione dei whistleblowers?

 

Il sistema di whistleblowing può essere considerato un valido supporto alla libera e sana competizione in ambito commerciale. Inoltre, l’azione di denuncia può essere utile al fine di evitare gravi danni per la comunità o per la salute pubblica, prevenendo il verificarsi di un illecito. Per questo sono state aggiunte una serie di tutele nei confronti del whistleblower per proteggerlo da eventuali ritorsioni. Infatti, chi segnala la presenza di un illecito non potrà essere sottoposto a licenziamento, in qualunque forma, né a sospensione o a periodi di congedo o di attesa.

Inoltre, non potrà subire forme di ritorsioni che vadano a ledere la sua carriera, come retrocessione o una mancata promozione. Anche il mutamento delle funzioni, in concomitanza alla denuncia, è vietato all’azienda, oltre alla sospensione della formazione. A questo si aggiunge una protezione contro misure disciplinari di qualunque tipo, dalle note alle lettere di referenze negative. C’è tutela anche per eventuali intimidazioni, dirette e indirette, sul soggetto o sulla sua famiglia. Infine, il whistleblower è protetto anche da eventuali mancati rinnovi del contratto di lavoro o dalla trasformazione di uno a termine in uno a tempo determinato.

 

Quali sono le sanzioni previste?

 

Le sanzioni previste dall’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione) sono applicate sia in caso di un atto di ritorsione da parte dell’azienda nei confronti di chi ha effettuato la denuncia, sia per mancata presenza di adeguati canali per effettuare la comunicazione dell’illecito. Nel primo caso si prevede una sanzione tra i 5.000€ e i 30.000€. Invece, nel secondo sono previste multe dai 10.000€ fino ai 50.000€.

Al fine di completezza, sono presenti conseguenze anche per il whistleblower. Se si evidenzia, da parte delle autorità, un’attività di denuncia con fini diffamatori o finalizzati a una frode vengono meno le protezioni contro le ritorsioni aziendali. La società diffamata o frodata ha inoltre il diritto di agire attraverso il sistema giudiziario al fine di ottenere il risarcimento di quanto subito.